Sound Design nel film: creare emozioni attraverso l’audio
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Tutto questo si chiama sound design, ma in realtà sarebbe meglio definirlo perfetto equilibrio tra immagini, musica, suoni, voce narrante e rumori in un film. E se, un tempo, chi andava al cinema subiva in un certo modo il susseguirsi costante delle immagini impresse nella pellicola cinematografica, in modo passivo, oggi lo spettatore è un viaggiatore che si immerge a 360°, a tutto tondo, in una storia multimediale. Lo spettatore sogna, si immedesima nella storia e nel racconto, che diventa una vera e propria esperienza immersiva: i suoni, le musiche, le melodie, collaborano in perfetta sinergia con i contenuti visivi, veicolano messaggi e trasmettono sensazioni particolari. Protagonisti non sempre visibili, ma sempre essenziali, di tutto questo sono i sound designer che con il loro operato riescono a imbastire tutto quel tessuto sonoro in grado di avvolgere lo spettatore, regalando atmosfera e tensione emotiva ad ogni scena.
Da dove nasce questa spinta, questa evoluzione del suono?
Di sicuro dalla produzione musicale e discografica sempre più relazionata all’industria del video, e inoltre dal mondo del gaming, che produce un audience esigente, che pretende solo il meglio dall’esperienza immersiva. Storicamente, il primo lungometraggio che sperimenta l’audio surround, è Fantasia, il capolavoro della Disney del 1940, ma bisognerà attendere altri 40 anni, per raggiungere la qualità e la sensibilità touch del Dolby Stereo Surround, con pellicole come Blade Runner di Ridley Scott e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola.
Cosa cambia in questo modo differente e attivo di sentire un film?
Li abbiamo già nominati precedentemente, e sottolineiamo che il paesaggio sonoro, capace di intensificare l’impatto visivo e narrativo dell’opera, è merito loro, dei sound designer, figure altamente specializzate con un profondo senso artistico e narrativo per la musica e i suoni. Per questo diventano preziosi responsabili del corredo audibile delle atmosfere e degli sfondi musicali di film e spot pubblicitari.
Il sound designer, infatti, oltre ad essere una figura emblematica nell’industria cinematografica, è un protagonista trasversale in svariati ambiti della comunicazione e della produzione artistica e commerciale. Lavorano, infatti, a stretto contatto con registi, produttori e altri professionisti, contribuendo alla creazione di opere che vanno dai film e spettacoli teatrali, ai jingle pubblicitari, alle colonne sonore per video e podcast, fino al sound branding. Pensiamo per un attimo alla posizione dello spettatore al cinema, seduto nella sua poltrona, stimolato da destra e sinistra dalla musica e dai suoni: attraverso uno specifico racconto di suoni, in sinergia e in supporto ai contenuti visivi, la persona viene stimolata in modi diversi. Il focus del designer del suono è creare tutto questo, e immergere lo spettatore in un’esperienza sinestetica che tocchi le corde dell’animo umano, possibilmente stimolando i sensi e coinvolgendo emozioni, sensazioni, percezioni.
In un’era velocissima come quella digitale che stiamo attraversando, vivere un’esperienza audio immersiva significa assorbire le onde sonore come una spugna, ed essere solleticati come quando prendiamo la scossa, attraversati da un puro corto circuito emozionale.
Alcuni precursori illustri del sound design
Chiudiamo il nostro viaggio nel sound design proprio giungendo al punto dal quale siamo partiti, presentando cioè le prime esperienze di lavoro sul suono.
Citiamo, ad esempio, King Kong del 1933, in cui il verso della scimmia è lo stesso ruggito di un leone inferocito dello zoo di San Diego, registrato e riprodotto a rovescio. Oppure la saga di Guerre Stellari, dove attraverso un televisore rotto viene per la prima volta realizzato il suono delle spade laser! O ancora, nella pellicola Toro Scatenato di Martin Scorsese, dove i pugni del pugile Robert De Niro si ottengono dalla manipolazione del verso di tanti animali, a dimostrazione di quanto l’atto del combattimento sia qualcosa di inumano, di bestiale! In pratica, nella disciplina del sound design, che in una parola si può concretizzare come l’atto di creare dei suoni, questi ultimi per l’appunto agiscono da supporto ai sistemi simbolici e trasmettono sensazioni, emozioni, significati e significanti. Lo scopo del sound design è sicuramente espressivo, narrativo, talvolta drammatico, e serve a veicolare messaggi e sensazioni forti, che toccano e coinvolgono (o sconvolgono) come un uragano di percezioni, come uno sciame di suoni e di fonemi. L’arte del fare suono è fondamentale nell’esperienza immersiva del cinema, ed è un fenomeno in continua crescita, sviluppo ed espansione, poiché va di pari passo con la ricerca e la tecnologia multimediale.
Un’artista illustre, annoverata tra le più creative e sensibili dell’Arte Contemporanea, la musicista e compositrice Björk, ha sperimentato la magia del sound design in un celebre lungometraggio di Lars Von Trier, Dancer in The Dark. Per esprimere le percezioni vissute dalla protagonista, ipovedente, i suoni vengono interpretati, manipolati e potenziati in modo digitale come argento vivo, dal rumore del ferro battuto in fabbrica fino ai 100 passi in carcere che preludono la fine di ogni cosa. Le sperimentazioni del sound design coinvolgono in principio l’arte degli Anni 40 di Merce Cunningham, che compose diverse opere, utilizzando tintinnii e suoni provenienti dai rumori di tutti i giorni, e riflettendo poi le stesse performance audio nella produzione video e cinematografica dell’epoca: dai gesti, dai passi sull’asfalto e dai rumori del nostro quotidiano nasce qualcosa di straordinario. Creare emozioni, con la costruzione di un suono, sta alla base della nascita di una sensazione e di una percezione.
Questo articolo è stato realizzato grazie agli incentivi TOCC “Transizione ecologica organismi culturali e creativi” promosso dal Ministero della Cultura e gestito da Invitalia, grazie ai fondi dell’unione europea NextgenerationUe.
*Il podcast KortoTalks è stato realizzato grazie alla partnership con Milk Studios, con Davide di Pasquale di Associazione Uniamoci onlus, grazie a Marco Bongi dell’Associazione pro retinopatici e ipovedenti, grazie a Dario Sorgato dell’associazione NoysyVision Onlus.